Il giorno di Natale era giunto al termine. Quella sera Padre Pio, finalmente, era riuscito a rimanere solo. Le confessioni, gli auguri degli amici, dei figli spirituali, dei confratelli si erano susseguiti nel corso del mattino e durante il pomeriggio. Aveva appena terminato la lunga giornata, ricca di celebrazioni ed avvertiva più che mai il bisogno di fermarsi a meditare, per riflettere sul grande mistero di un Dio che si fa bambino per salvare il mondo.
Il vento sibilava tra le fessure della piccola finestra. Quell’anno faceva freddo a San Giovanni Rotondo! Tra le sue dita la corona del rosario scorreva lentamente. Un’atmosfera di silenzio e di incanto avvolgeva il convento. A refettorio, i confratelli consumavano la cena. Erano tutti presi dalla gioia del Natale. Padre Pio era in cella.
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Ad un tratto gli parve di sentire un dolcissimo suono di cornamuse. Apri appena la finestra per averne conferma. Proveniva infatti dal vicino ostello in cui, probabilmente, gli zampognari avrebbero passato la notte. Una nostalgia profonda lo assalì. Lascio la cella e imboccò il lungo corridoio, puntando prima sui talloni e poi sui lati esterni delle estremità per tentare di rendere, ai suoi piedi forati, meno dolorosa l’andatura. Raggiunse il presepe che i frati avevano allestito sotto la finestra, in fondo al corridoio della clausura.
Le luci delle lampadine occhieggiavano dalle casette di sughero riflettendosi, colorate, nell’acqua del laghetto. Fissò lo sguardo, all’interno della Grotta. Tutto ad un tratto vi fu silenzio. Era assorto, quasi innamorato, di quel piccolo angolo del convento. Con la mente andò indietro negli anni, quelli dell’infanzia, a Piana Romana, a Pietrelcina. Rivide la sua casa, il papà, la mamma, i fratellini. Il pensiero andò alla sua famiglia, alla sua mamma. Alla nostalgia subentrò la commozione. Ricordava quando si fermava davanti al piccolo sagrato della Chiesa di Sant’Anna per spingere lo sguardo verso la vallata, ricca di luci e di lanterne. Poi ricordò ad un tratto lo sguardo della mamma, che a Natale diventava sempre più bello.
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Padre Pio, con gli occhi velati di pianto, tornò nella sua cella. Prese un foglio bianco e scrisse:
“Carissima madre, è Natale ed io non voglio farlo passare senza esprimervi i miei sentimenti e la mia gratitudine, che nutro per voi che foste e che siete ognor la persona a me più cara e che tanto cura e diligenza usaste per la mia buona educazione. In questo giorno così bello non mancherò da parte mia di innalzare fervidi voti al Divino Infante, affinché faccia scendere sopra di voi e di tutta la famiglia le più elette benedizioni in questa vita e vi dia il Santo Paradiso nell’altra. Intanto io voglio sperare che voi non sarete del numero di quei falsi cristiani, i quali fanno consistere tutta la festa nel piacere sensuale; ma che anzi facciate consistere principalmente nell’essere in amicizia con Dio. Quindi vi esorto a disporvi a celebrare un sì alto Mistero con una sincera contrizione dei vostri mancamenti verso la Divina Bontà, con una fervidissima comunione, per quindi poter ricevere le benedizioni del nascente Bambino“. (Epist. IV pag. 908).
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Fu una lettera che Padre Pio scrisse a sua madre nel giorno della festa del Natale ma che avrebbe voluto indirizzare a tutti i cristiani del mondo.
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Buongiorno, ogni pensiero o lettera che leggo da S. Pio è un sussulto nel mio ❤ ti sento veramente tanto.
Commovente la lettera a zia peppa deo gratias
Pace, mi chiamo Daniela GAMBUZZA, per mia figlia Valeria D’Angelo una preghiera riservata per lo Spirito, con la Speranza di ricevere, Grazia per la sua Speranzosa Attesa che il Signore Guidi la sua Vita, con la Benedizione, per lei la sua figlioletta, e suo marito. Amen
Pace, mi chiamo Daniela GAMBUZZA, chiedo preghiere, per quelle persone che ancora sono lontano dal Signore, e non compaiono davanti alla Sua Grazia, come Rosa, Valeria, Mario, Giuseppe, Vanessa, Saro, Piero, Mimmo, Daniela. Grazie. Amen.
padre pio, pace,salute e lunga vita a tutti gli uomini del mondo, amen