Il 18 aprile 1920 Padre Agostino Gemelli, medico, psicologo e consulente del Sant’Uffizio giunse a San Giovanni Rotondo. Una visita preannunciata nei giorni precedenti. Il frate francescano assicurò il ministro provinciale che la sua era una visita privata e non era necessario munirsi delle necessarie autorizzazioni per visitare Padre Pio.
Una vera e propria comitiva di ben 7 persone salì a San Giovanni Rotondo. Oltre al padre Agostino Gemelli e ad Armida Barelli salirono con loro anche padre Benedetto da S. Marco in Lamis, che sostituiva il provinciale Padre Pietro da Ischitella, il superiore ed ex provinciale del convento dei frati minori di San Pasquale di Foggia, Padre Anselmo Laganaro, due ufficiali della curia vescovile di Foggia, mons. Giovanni Musumeci, vicario della diocesi, don Giuseppe Patané, segretario del vescovo, e il quaresimalista della cattedrale, Padre Filippo Girardi.
Padre Benedetto Nardella in uno scritto del 1931 raccontò che più volte Armida Barelli, collaboratrice del Gemelli, donna di fede e di grande spiritualità, sicuramente sollecitata dall’interessato, lo pregò affinché autorizzasse il frate psicologo ad effettuare una visita medico-scientifica. Da parte sua Padre Benedetto rispose che non era nelle sue facoltà dare un permesso simile, anche perché il provinciale gli “aveva espressamente detto di non costringere il padre Pio a quella grave mortificazione, giacché il padre Gemelli non s’era munito di permesso e aveva dichiarato di non essere venuto con tali intenzioni“.
Quel giorno dopo aver partecipato alla Messa di Padre Pio, secondo il racconto di Padre Benedetto, l’Armida Barelli si confessò da Padre Pio e chiese se il Signore benediva l’opera, Università Cattolica. Padre Pio rispose con un monosillabo: Si.
Forse sull’onda dell’entusiasmo per quella risposta, Gemelli scrisse sul registro dei visitatori illustri del convento: «Ogni giorno constatiamo che l’albero francescano dà nuovi frutti e questo è il conforto più grande a chi trae alimento a vita da questo meraviglioso albero».
Vistosi impossibilitato ad effettuare una visita medica, l’autorevole francescano si avvicinò in sacrestia a Padre Pio. Padre Benedetto era in un angolo lontano, ma ricavava l’impressione che padre Pio lo licenziasse come seccato. Qualcun altro dei presenti aveva il sospetto che Gemelli tentò di ipnotizzare il Cappuccino stigmatizzato con l’intento di guarirlo dalle sue piaghe, provocando così la reazione poco cordiale e quasi indifferente del frate di Pietrelcina. Gemelli, però, non era disposto a concedere attenuanti. Divenne improvvisamente irrequieto, come furioso e disse: “bene, padre Pio. Ne riparleremo!”. Quindi, a voce più alta, aggiunse: “Me la pagherete!”.
Prima di congedarsi, Armida Barelli salutando Padre Pio, in foresteria, gli chiese “di pregare per la conversione di padre Agostino Gemelli” dicendo: “è un frate d’oro che fa tanto bene, però è di carattere esuberante e orgoglioso e questo difetto lo potrebbe portare all’inferno. Pregate per lui“. Quel giorno Padre Gemelli lasciò San Giovanni Rotondo irritato e offeso.
Cosa successe? Ve lo racconteremo domani, perché il 19 aprile Gemelli prese carta e penna e scrisse al Sant’Uffizio contro Padre Pio.
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Il Gemelli era un uomo di scienza che indossò il saio chissà per quale motivo. Se uno non accetta la Comunione dei Santi non può chiamarsi Cattolico.