Il 6 maggio 1913 da Pietrelcina, il giovane sacerdote Padre Pio, scrive a Padre Agostino sulla bellezza del mese dedicato a Maria.
“Ecco finalmente ritornato il mese della bella Mammina. Questa cara Mammina seguita a prestarmi premurosamente le sue materne cure, specialmente in questo mese. Le di lei cure verso di me toccano la ricercatezza.
Che cosa ho io fatto per aver meritato tanta squisitezza? La mia condotta non è stata forse una smentita continua, non dico di suo figlio, ma anche al nome istesso di cristiano? Eppure questa tenerissima Madre nella sua grande misericordia, sapienza e bontà ha voluto punirmi in un modo assai eccelso col versare nel mio cuore tali e tante grazie, che quando mi trovo alla presenza sua ed a quella di Gesù sono costretto ad esclamare: “Dove sono, dove mi trovo? Chi è che mi sta vicino?”. Mi sento tutto bruciare senza fuoco; mi sento stretto e legato al Figlio per mezzo di questa Madre, senza neanche vedere le catene che tanto stretto mi tengono; mille fiamme mi consumano; sento di morire continuamente e pur sempre vivo.
In certi istanti tale è il fuoco che qui dentro mi divora, che faccio tutti i miei sforzi per allontanarmi da loro, per andare in cerca di acqua ed acqua gelata per gittarmi dentro; ma ahimè! padre mio, mi accorgo subito di essere io assai infelice, perché allora più che mai sento di non essere libero; le catene che gli occhi miei non vedono, le sento che mi tengono stretto a Gesù ed alla sua diletta madre; ed è in questi istanti che esco il più delle volte in escandescenze; sento che il sangue mi affluisce al cuore e da questo alla testa, sono tentato di gridare loro in viso e chiamare crudele il Figlio, tiranna la madre”.
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