Il 13 dicembre 1912, Padre Pio scrive dalla sua cara terra natale a padre Agostino. Gli riferisce degli artifici diabolici che vengono usati dal demonio per evitare che lo stesso giovane cappuccino legga le sue lettere.
“Coll’aiuto del buon angiolino si è trionfato questa volta sul perfido disegno di quel cosaccio; la vostra lettera è stata letta. L’angiolino mi aveva suggerito, che all’arrivo di una vostra lettera l’avessi aspersa coll’acqua benedetta prima d’aprirla. Così feci coll’ultima vostra. Ma chi può dire la rabbia provata da barbablù! egli vorrebbe finirmi ad ogni costo.
Sta mettendo su tutte le sue diaboliche arti. Ma rimarrà schiacciato. L’angiolino me lo assicura, ed il paradiso è con noi. L’altra notte mi si è presentato sotto le sembianze di un nostro padre, trasmettendomi un severissimo ordine del padre provinciale di non scrivervi più, perché contrario alla povertà e di grave impedimento alla perfezione. Confesso la mia debolezza, babbo mio, piansi amaramente, credendo essere ciò stato una realtà. E non avrei potuto mai sospettare, anche debolmente, essere questo invece un tranello di barbablù, se l’angiolino non mi avesse svelato l’inganno.
E solo Gesù sa che ci volle per persuadermi. Il compagno della mia infanzia cerca di smorzarne i dolori che mi affliggono quegl’impuri apostati, col cullarmi lo spirito in un sogno di speranza. Io sono tranquillo, rassegnato a tutto, ed oso sperare che questi diabolici artifici non produrranno gli effetti disastrosi, che per un pezzo mi paventarono. Barbablù si arrabbia di più allorché scrivete in lingua gallica. Si è manifestato. A dispetto suo, scrivetemi più spesso in questa lingua“.
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