A Piana Romana
Nel 1910, Padre Pio era a Pietrelcina per la sua misteriosa malattia che lo obbligava a stare a casa. Quando non stava in chiesa o in casa, o ritirato nella Torretta per lo studio, si recava da Vico Storto Valle a Piana Romana.
Zio Orazio, con le sue rimesse di emigrante, dopo la seconda emigrazione, era riuscito ad allargare la proprietà: una casa, all’angolo tra le vie di S. Maria degli Angeli e chiesa S.Anna, di fronte alla salita Castello, e, a Piana Romana, un altro po’ di terreno, con una capanna per la guardia alle vendemmie e una masseria, cioè uno stanzone con soffitto a travi e tavole, pavimento e ciottoli, pareti senza intonaco, una piccola finestra e un portone d’ingresso ad arco.
A Piana Romana – orizzonti aperti e aria sana di campi – Padre Pio sostava per molta parte dei giorni, in estate anche di notte. Sedeva all’ombra di un olmo, per recitare il breviario e per continuare le sue preghiere. Già da ragazzo, l’ombra di quell’olmo era stata protettrice di tanta preghiera e pure di tanta sofferenza. I suoi se n’erano accorti che «qualcosa di strano avveniva sotto quell’albero». Alla sua ombra erano iniziate prove e lotte spirituali, i tormenti e i fastidi del maligno. Per questo soprattutto in questo periodo, dopo la sua ordinazione sacerdotale, l’olmo attrae, ricordandogli tante vittorie. «Nella stagione estiva – confida Padre Pio a padre Raffaele da S. Elia a Pianisi – stavo sempre in campagna a Piana Romana ed i miei, zii e cugini, mi costruirono una capanna o pagliaio ai piedi di quest’albero, anzi poggiata proprio all’albero. È là che io stavo notte e giorno al fresco per respirare aria pura e salubre.
«Nessuno sa quello che avveniva là di notte»
“In quella capanna, per me diventata una vera chiesetta, io facevo tutte le pratiche di pietà e le mie preghiere notte e giorno”.
La capanna sotto l’olmo continuava ad essere spettatrice di vessazioni diaboliche. Nell’aprile 1951, ad un accenno di questa capanna, Padre Pio confidava: «Nessuno sa quello che avveniva là di notte».E, con la mano, faceva segno di bastonate.Sotto a quell’olmo, nel 1910, Padre Pio si accorse di strani dolori alle mani e ai piedi. Li notificò al direttore spirituale padre Benedetto ad un anno di distanza – trattenuto da «quella maledetta vergogna» – con lettera dell’8 settembre 1911, perché il fenomeno s’era ripetuto la sera avanti. «In mezzo alla palma delle mani è apparso un po’ di rosso quasi quanto la forma di un centesimo, accompagnato anche da un forte ed acuto dolore in mezzo a quel po’ di rosso. Questo dolore era più sensibile in mezzo alla mano sinistra, tanto che dura ancora. Anche sotto i piedi avverto un po’ di dolore».
Questo fenomeno, che Padre Pio non sapeva «né spiegare e né comprendere», si ripetè nel marzo 1912: «Dal giovedì sera fino al sabato, come anche il martedì è una tragedia dolorosa per me. Il cuore, le mani ed i piedi sembrami che siano trapassati da una spada; tanto è il dolore che ne sento».
Dal 23 agosto 1912 l’intensità dell’amore a Dio, nel tentativo di distruggere quanto si opponeva alla totale trasformazione dell’amante nell’Amato, faceva provare a Padre Pio ferite e piaghe, che i mistici definiscono «ferite» e «piaghe d’amore».
Così descriveva una di tali ferite, provata il venerdì 23 agosto 1912: «Me ne stavo in chiesa a farmene il rendimento di grazie per la messa, quando tutto ad un tratto mi sentii ferire il cuore da un dardo di fuoco sì vivo ed ardente, che credetti morirne…Mi sembrava che una forza invisibile m’immergesse tutto quanto nel fuoco… Dio mio, che fuoco! Quale dolcezza! Di questi trasporti d’amore ne ho sentiti molti, e per diverso tempo sono rimasto come fuori di questo mondo».
Il 24 gennaio 1915 scriveva: «Sembrami come se tutte le ossa mi si scerpassero. Sentomi… immergermi da costui a volta a volta un coltello, con una punta bene affilata e quasi gettando fuoco, attraverso il cuore che lo approfonda fino nelle viscere,indi a viva forza lo ritrae per poi di lì a poco ripetere l’operazione… Il dolore intanto che producemi tal ferita, che da lui mi viene aperta, e la soavità che in pari tempo mi si fa sentire, sono così vivi che adombrarli mi torna impossibile».
Stimmate invisibili e stimmate visibili
Il 10 ottobre 1915, Padre Pio, richiesto da padre Agostino, ha confessato d’aver avuto stimmate visibili e di avere stimmate invisibili, dal «dolore acutissimo» che si faceva sentire «specie in qualche circostanza ed in determinati giorni». Inoltre sperimentava, con periodicità quasi settimanale, i due tormenti provati da Gesù, la coronazione di spine e la flagellazione: «Quest’anima sono vari anni che ciò patisce e quasi una volta per settimana».
Hanno il valore di un preciso autoritratto, sebbene in miniatura, quelle due righe scritte dal febbricitante cappuccino di Pietrelcina, il 20 maggio 1912: «In questo corpo agghiacciato sento continuamente che vi si racchiude un cuore che mi brucia». Ghiaccio e fuoco, corpo e anima, dolore e amore.
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Caro Francesco ascolto con piacere i tuoi 6-7′ con S. Pio che tu chiami” un minuto con p. Pio da Pietrelcina” . Ti vorrei incontrare qlk anno, chissà, sarà difficile ritornarci, vi sono stato 3 volte, e la 1^volta sul bus da Foggia arrivando nei pressi della cuttadina di S. G. Rotondo ho avuto il dono da Dio e da S. Pio di sentire il profumo di rose e viole sul bus che nessuno dei viaggiatori ha detto oppure non ha detto di averlo o non averlo avvertito. Erano gli anni1990. Un abbraccio e lunga vita e ribatezza il minuto in “7 minuti con p. Pio”. Prega per me ed io per Te. Costa Giuseppe
La biografia o vera vita degli avvenimenti di S. Pio mi affascina e già da giovane studente avevo scritto a S. Pio a S. G. Rotondo convento e avevo ricevuto Sua o da chi per Lui, ma la firma era Sua ed ero felicissimo che la conservavo per decenni qsta risposta, cm una sua reliquia. Comunque mi ha accompagnato silenziosamente e anche la mia anziana madre Giovanna ch’è vissuta da malata per 40 anni circa 92 anni di vita e anche Lei ne era devota e sicuramente è stata Lei a trasmettermi l’amore verso il padre e verso il santo. Saluti da Giuseppe Costa