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La giornata di Padre Pio

Come trascorreva le sue giornate Padre Pio da Pietrelcina? Una domanda che spesso in tanti si pongono. Grazie agli scritti dei suoi confratelli riusciamo a conoscere le sue giornate negli anni cinquanta.

Nel cuore della notte, alle 2,30,  precise, una sveglia strillava nella sua cella, che subito si illuminava al calore della luce fioca. Un segno di croce, un bacio alla corona, uno sguardo all’immagine di Gesù e di Maria, quindi la preghiera di ringraziamento a Dio per il dono del nuovo giorno.

Si alzava con oltre tre ore di anticipo rispetto agli altri frati perché voleva “prepararsi” convenientemente alla santa Messa. Si alzava, non si svegliava,  in quanto pochissimo tempo era da lui dedicato al sonno. Alle quattro del mattino si allontanava dalla sua cella per essere alle cinque sull’altare, di inverno in chiesa, d’estate sul sagrato. Lo attendevano folle agitate dall’ansia di guadagnare il posto più prossimo alla balaustra. Il sacrificio eucaristico durava più di un’ora. Al termine, ritornava in sacrestia, preceduto e e sostenuto da un gruppo di uomini che volevano vederlo da vicino. Senza parlare, ancora compreso nel mistero divino appena celebrato, deponeva i parametri sacri, infilava di nuovo i mezzi guanti e porgeva le mani stigmatizzata al bacio di pellegrini. Le porgeva come un richiamo alle piaghe di Gesù, questa volta non incise nel legno o dipinte su una tela, ma scavate nella sua carne.

Puoi raggiungeva il primo piano e, mentre i frati erano in coro per la preghiera delle lodi e per le quotidiane pratiche di pietà, partecipava ad una Santa Messa di ringraziamento nella cappellina interna del convento. Subito dopo Padre Pio, accompagnato da qualche religioso, si recava in sacrestia, per ascoltare le confessioni degli uomini e poi in chiesa, per amministrare alle donne, fino alle ore 9, il sacramento della penitenza. Alle 9,30, indossate cotta e stola, distribuiva la santa comunione ai pellegrini appena assolti e agli altri fedeli che desideravo ricevere la sacra particola dalle sue mani piagate. Donne, uomini di ogni età e condizione sociale, la attendevano in sacrestia e lungo l’attiguo corridoio, per chiedergli un consiglio, una preghiera una benedizione; per consegnare una lettera o un’offerta; per dare sfogo alle loro amarezze, per raccontare loro pene.

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Egli dispensava a tutti parole di conforto, suggerimenti pastorali, paterne ammonizioni. Tra spintoni scene di fanatismo, che sempre soffocava con severi  rimproveri o facendo roteare minacciosamente le parti terminali del cordone, a stento riusciva a varcare la porta della clausura. Ma sulle scale, nel corridoio del primo piano, perfino davanti alla porta la sua cella, non mancavano sacerdoti, religiosi o qualche pellegrino di riguardo, pronti ad avvicinarlo per deporre nel cuore segrete confidenze, suppliche, lacrime e sofferenze. Finalmente solo, sostava in meditazione ed in preghiera fino a mezzogiorno quando la sua voce ci univa quella della piccola campana per la recita dell’Angelus.

All’ora di pranzo i frati, invitati dall’inconfondibile  suono del coppo, si radunavano in refettorio. Padre Pio li raggiungeva con un po’ di ritardo, impegnato nella benedizione di un’auto davanti alla porta dell’orto o trattenuto da qualcuno. Giunto al suo posto, si inginocchiava a terra con le braccia aperte per ringraziare la provvidenza del cibo che stava per prendere. La sua orazione si prolungava fino al momento in cui “assaggiava”qualche forchettata. Cedeva poi il suo piatto al confratello che gli sedeva accanto e rimaneva ad ascoltare il brano brano del vangelo o la regola proposta dal lettore.

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Se invece, il  superiore dispensava dal silenzio la comunità, rispondeva alle domande che gli venivano rivolte o prendeva parte della conversazione in atto. Alle 13, dalla piccola finestra della cella,  rispondeva con una benedizione al saluto dei pellegrini che, al di là del muro della recinzione del convento, l’avevano atteso recitando il rosario o cantando un inno sacro. Seguiva per lui una breve pausa di riposo, santificata dalla lettura del vespro e della compieta. Alle 15 era di nuovo in sacrestia per ricominciare la confessione degli uomini.  Alle 17 nel “coro“, si univa alla recita comunitaria del  Santo Rosario. Alle 17,30 ritornava in chiesa per animare la “funzione” serotina con la “visita a Gesù sacramentato” e la “visita a Maria Santissima” composte da Sant’Alfonso Maria dei Liguori e per impartire la benedizione eucaristica.

Al termine, d’estate o quando il tempo era buono, andava a prendere un po’ d’aria nel giardino da solo o accompagnato da confratelli e amici. Assisteva alla partita di bocce oppure, sgranando  il rosario, percorreva il vialetto tra due file di pini. D’inverno, invece, in una saletta al primo piano, si intrattiene una mezz’ora con gli altri frati e con i suoi figli spirituali in piacevole conversazione. Anche in questi momenti di “vita comune“, egli non perdeva occasione di fare del bene. Con irresistibili battute di humor donava la gioia di un sorriso; col racconto di aneddoti moraleggianti impartiva preziosi insegnamenti; con saggi consigli andava incontro alle difficoltà e alle sofferenze, degli altri, che coglievano in lui un eccezionale propensione all’accoglienza, alla comprensione e all’amicizia. Quando il gruppetto si era sciolto, il frate rimaneva pochi minuti ancora con i suoi collaboratori, per chiedere notizie sull’andamento dei lavori e per affidare nelle loro mani offerte ricevute durante la giornata, destinate alla costruzione di Casa Sollievo della Sofferenza. Le consegnava senza contarli, senza ricevute, perché tutto era improntato sulla fiducia, la stima e il rispetto. Alla sera mentre i frati si radunavano per la cena, a cui sempre rinunziava padre Pio si ritirava nella sua cella. Alle ore 20,00, dalla finestra salutava i  pellegrini, che sul piazzale attendevo una sua benedizione prima di dare inizio alla lettura della corrispondenza a lui indirizzata e di riprendere il suo colloquio con Dio.

In ultimo, spossato dalla fatica e dei dolori, tentava di assopirsi. Le sue giornate, furono così intense, così uguali. Solo la malattia le rendeva “diverse”. E, se costretto a letto dalla febbre, soffriva terribilmente quella sosta forzata. Per cinquant’anni questa fu la vita di padre Pio, senza mai un giorno di riposo o di vacanza. Una vita dal ritmo incessante, ripetitivo, logorante, che nessun altro avrebbe potuto sostenere.

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