Dall’epistolario IV rileggiamo una lettera di Padre Pio scritta sei mesi prima la sua stigmatizzazione.
Il 30 marzo 1918 dal convento di San Giovanni Rotondo, il cappuccino racconta all’amico don Pietro Ricci qual’è il suo stato.
“Oh! che peso è questo per me e tanto più cresce quanto meno trovo in me forza per divenire migliore, nonostante tutta la violenza che mi fo per divenirlo. E frattanto mi pare che il Signore mi vada sempre più sottraendo la grazia ed in giusta pena della mia infedeltà mi condanni a vivere fra le più fitte tenebre.
Che ne dite voi? Le assicurazioni che mi vengono fatte dal mio direttore non valgono a calmarmi, perché io dubito che la mia vita sia stata un continuo offendere il Signore, ed ingannati, e questo per giusta punizione del Signore, siano sul mio conto tutti i confessori, non esclusa la stessa mia guida. Domandate, vi prego, lume al Signore, e col vostro comodo rispondetemi e chiaramente se sono giusti i miei timori.
Un’altra spina è conficcata nel mio cuore. Io non so come regolare le anime che mi manda il Signore. Per alcune ci sarebbe bisogno davvero di luce soprannaturale ed io non so se ne sia sufficientemente pieno e vado quasi a tentoni regolandomi con un po’ di dottrina pallida e fredda appresa sui libri e con quel po’ di luce che mi viene dall’Altissimo. Chi sa che queste povere anime non abbiano a soffrire per colpa mia! Mi consola soltanto il pensiero di avere per certi spiriti straordinari la buona intenzione e di ricorrere al divino lume”.
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