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Padre Pio perfetto figlio di San Francesco

17 settembre - Quarto giorno della Novena di Padre Pio

Nel quarto giorno della novena, mons. Carmelo Pellegrino,  promotore della Fede della Congregazione delle Cause dei Santi, ha presieduto l’Eucaristia nel giorno “dell’Impressione delle Stimmate di San Francesco d’Assisi”.

Questa sera mons. Pellegrino commentando il Vangelo di Luca che parla della vedova che piange il suo figlio unico che poi muore. Poi Giunse Gesù, toccò la bara e il figlio resuscitò. “Gesù che dice alla madre non piangere. E la storia di tanti di noi” – ha commentato Mons. Pellegrino. Da questa pagina del vangelo deduciamo delle “lezioni confortanti per la nostra vita: una donna sfortuna, vedova, con un unico figlio che poi muore. Questo significava rimanere in lutto e disgrazia, senza eredità per quei tempi”.

Tra di noi, c’è qualcuno che ha subito drammi del genere: “seppellire il proprio figlio. Ragionando con i sentimenti umani diremmo non è giusto”. Ma è in questo momento che viene a visitarci Dio: “molti pensano che questa sia stata una vita sfortuna, una vita andata male, guardiamo Gesù, la sua vita, la sua passione e morte”. San Francesco e San Pio – ha ricordato il celebrante – hanno ripresentato nella loro carne questo dolore. E’ un’incontro tra lutto struggente e corteo della vita”. Gesù oggi ci dice questo: “tu credente sappi che la morte e la distruzione possono diventare novità e rinascita perché Dio ha un progetto su ogni singola sofferenza”.

Il lutto e la sofferenza non è mai per la morte. “La volontà di Dio è sempre per la nostra salvezza e santità“. Dio non porta la morte. Possiamo chiederci come mai? Come è possibile questo nella mia esperienza? “Pensiamo al mese di settembre, mese di vendemmia. Il vino nuovo viene sempre dalla pressatura, cosi come la vita dei santi dall’esperienza del dolore”.

Questo è il significato delle Stigmate di San Francesco e San Pio. In un modo mistico e altissimo, esse sono ciò che nel nostro piccolo, nella nostra povera vita avviene. Anche noi viviamo questo mistero della sofferenza e morte. “Pensiamo alla sofferenza innocente, dei bambini, sofferenza che ci mette in crisi.

Un dolore totalmente immeritato al punto da farci venire anche un pensiero di ribellione nei confronti di Dio”. Le tue ferite, la tua sofferenza sono piccole stigmate. “Siamo davanti a una scelta: dipende da te se donarle al Signore e farle diventare sue. Se la mia ferita diverrà la sua allora porterà vita. Una sofferenza unita a Gesù che dice gloria, resurrezione e rinnovamento. Anche il dolore innocente straziante e incompressibile assume i tratti di Gesù che muore e risorge.

Abbracciamo la Croce non rifiutiamola. Rifiutare la croce significa rifiutare la nostra vita che è fatta di ferite. E’ da li che viene fuori il vino nuovo, l’amore più autentico.

Al termino un invito: baciamo la croce ogni sera e diciamo “Signore donami di amare come tu mi hai amato

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