Pochi sono a conoscenza che nel 1918, il 16 aprile, parte per il convento dei frati minori cappuccini di San Marco La Catola dove risiedeva in quel periodo il ministro provinciale Padre Benedetto Nardella.
Il giovane cappuccino doveva restare qualche giorno, ma in realtà per le abbondanti piogge di quelle settimane non riuscì a tornare a San Giovanni Rotondo. Infatti vi rimase per circa un mese.
Padre Pio doveva conferire col suo direttore spirituale, nonché ministro provinciale padre Benedetto, per sciogliere i dubbi che lo tormentavano.
Fu l’ultima volta che lasciò il convento di San Giovanni Rotondo.
In questo convento vi era già stato nell’ottobre del 1905 perché costretto a spostarsi, con i suoi compagni di studio, per continuare gli studi liceali e filosofici, in quanto nel convento di Sant’Elia a Pianisi erano in corso lavori urgenti di riparazione alla chiesa e ad altri locali adiacenti, ormai a rischio di crollo. Vi rimase per sei mesi. Fu in questo periodo che fece tesoro della nuova, fondamentale amicizia, quella di padre Benedetto da San Marco in Lamis.
Il 16 aprile 1918 Padre Pio tornò a San Marco la Catola. Qui si incontrò anche con padre Agostino da San Marco in Lamis, all’epoca cappellano militare rientrato a San Marco, in licenza, per una riunione del definitorio.
Le lettere al direttore spirituale dell’anno 1918 presentano un Padre Pio dolente, smarrito nella notte buia. Passava le sue giornate tra il confessionale, l’altare e la preghiera. Proprio in queste condizioni di lavoro pastorale e di colloquio intimo con Dio ebbe a soffrire due pene acute, due dubbi: non riuscire a salvarsi l’anima e non guidare bene le anime.
In Padre Pio il contrasto tra la bontà di Dio e la propria indegnità gli ha aperto un vuoto, il povero Padre Pio non avvertiva la presenza di Dio. Dalle lettere successive sembra che non abbia ricavato gran giovamento della suo viaggio a San Marco la Catola.
riproduzione riservata