Francesco “ebbe” il pensiero ed il sentimento di consacrarsi per sempre al Signore” all’età di 5 anni. A 15 anni era pronto per seguire il suo proposito ed era soltanto questione di scelta. Alla soddisfazione del maestro Caccavo si univa quella dell’arciprete Don Salvatore Pannullo, sacerdote dotto e zelante, alla cui cura la mamma aveva affidato il suo Francesco; e fu ammesso “come chierichetto assieme ad altri suoi piccoli coetanei. Era assiduo alla frequenza dei sacramenti della confessione e della comunione, a tutte le funzioni religiose e pratiche spirituali, sempre alieno dalle compagnie mondane, viveva quasi isolato, e tutto il compito era lo studio la chiesa. Uscito da scuola, era a casa o dalla mamma a Piana Romana, dove preparava le sue lezioni. Intorno ai 15 anni, più volte parlò alla mamma, all’arciprete e allo zio Pellegrino, perché il padre era in America, del suo vivo desiderio di essere religioso. Pietrelcina non è molto lontana da Morcone, dove esiste un convento dei Cappuccini con un noviziato. Il fratello laico fra Camillo da Sant’Elia a Pianisi, religioso pio e lavoratore indefesso, con una barba nera e fluente, spesso si recava a Pietrelcina per la questua e per la questua di campagna ed aveva sempre “una buona parola ed una carezza per i bambini. Alle volte dava loro una castagna, una noce o qualche immaginetta o medaglina. Il piccolo Francesco ne restò attratto, non sapeva staccarsi dal frate semplice e umile, e tutto serbava nel segreto del suo cuore. Intanto tra i familiari si cominciò a parlare con più frequenza del proposito di Francesco si iniziarono gli approcci. Lo zio Pellegrino, il più interessato, ne parlò anche con l’arciprete, il quale scrisse al provinciale dei Cappuccini di Foggia, Padre Pio da Benevento, e la fu di attendere, perché il noviziato era pieno. Nel frattempo zio Pellegrino, il più attivo di casa, diceva: “Francì, il noviziato di Morcone è pieno e non vi è posto – così ha risposto l’arciprete zi’ Tore – e bisogna aspettare alcuni mesi. Vuoi andare a Montevergine? Quei monaci vestono di bianco portano il cappello e le scarpe stanno molto bene”. Francesco che conosceva il santuario della Madonna di Montevergine, perché vi era salito in pellegrinaggio assieme ai cugini ed allo zio Pellegrino, rispondeva risoluto: “No, perché non portano la barba”. E lo zio di nuovo: “Vogliamo far scrivere a Sant’Angelo a Cupolo? Là vi sono i figli di Sant’Alfonso; vestono come i preti e stanno bene”. E Francesco a sua volta: “Portano la barba?”. “No” rispose con pazienza lo zio. “Ed allora no” ripetè il nipote. “Vedi Francì, nipote mio, io ne so più di te. A Benevento ci sono i francescani; sono tutti belli ciotti ciotti; e non sono come quelli di Morcone che sembrano tanti gli iéttici”. Francesco sempre con il solito ritornello: “Ma portano la barba?”. E allora lo zio con voce alterata e con gesto di stizza verso nipote: “All’anima della barba – sbotta – Come, la barba ti devi mangiare? Tu devi pensare a stare bene hai capito?”. Neppure di fronte a tanta impazienza Francesco cambia parere: “No; voglio andare dai monaci con la barba” e non ci furono nè parole e nè ragionamenti a farlo recedere dalla decisione: “La barba di Frate Camillo si era ficcata nella mia testa – concludeva il racconto lo stesso Padre Pio – e nessuno mi potè smontare”. La risposta del padre provinciale dei Cappuccini venne dopo un paio di mesi fissando anche la partenza, ed ora toccava allo zi’ prete preparare le “carte”, cioè i documenti per l’accettazione al noviziato.
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