Padre Raffaele cappuccino, il monaco Santo che tanta devozione suscitò nell’animo di Padre Pio da Pietrelcina è venerabile. Quando, 25 gennaio 1904, il giovane Francesco Forgione giunse Nel commento molisano per iniziare gli studi ginnasiali o di retorica, rimase intimamente colpito da una scritta che, dallo stipite di una porta, attirò la sua attenzione: “In questa cella il Servo di Dio Raffaele da Sant’Elia a Pianisi pienamente visse santamente morì il 6 gennaio del 1901”. Di questo” santo” frate egli aveva già sentito parlare a Morcone, durante il noviziato. Visitò subito dopo la piccola stanza e approfondì la conoscenza della figura e dell’esemplarità del grande confratello che mai più dimentico.
Padre Pio e Padre Raffaele
Il 5 aprile del 1956, infatti, a San Giovanni Rotondo, scrisse: “O anima candida ed eletta di padre Raffaele, io non sono stato degno di far parte di coloro che ti hanno conosciuto nel tuo pellegrinaggio terreno, ma ringrazio Iddio, che mi ha fatto conoscere al profondo delle tue virtù. La tua vita mi rapisce la mente ed il cuore, e piaccia a Dio di poterti, anche in minima parte, imitare. Ora che tu godi la visione di Dio, prega per me per la provincia monastica, affinché lo spirito tuo e quello del Serafico padre risplendano sempre più nei singoli suoi figli”.
Al secolo si chiamava Domenico Petruccelli. Era nato Sant’Elia a Pianisi il 14 dicembre del 1816 da Salvatore e Brigida Mastrovita. Da ragazzo aveva iniziato diversi mestieri ma con poco entusiasmo. Nel suo cuore aveva il desiderio di entrare convento, tra i cappuccini e divenire figlio del poverello d’Assisi. Solo a diciotto anni riuscì ad ottenere il consenso del venerato genitore, che per lui sognava un avvenire diverso. E, col benestare di padre Francesco Maria da Gambatesa, entrò nel noviziato di Morcone dove il 10 novembre del 1834, indossò l’abito francescano e prese il nome dell’Arcangelo Raffaele. L’anno successivo emise i voti, promettendo al Signore di vivere, per tutta la vita, in povertà, in castità e in obbedienza. A lui bastava essere diventato un frate minore cappuccino, mai i superiori vollero che si consacrasse a Dio nel sacerdozio.L’umiltà, che lo caratterizzava, gli fece esprimere la sua indegnità. In proposito disse : “Il sacerdote deve essere puro come l’acqua, perché è grande la sua responsabilità; il fratello non chierico è in condizioni di salvarsi con più facilità”.
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Praticò l’ascetica
ed ebbe esperienze mistiche
Volle comunque obbedire e, alla scuola dei padri lettori Gabriele da Sassinoro, ad Agnone, nel 1836, Stefano da Bovino, nel 1838 e di altri, si preparò alla sacra ordinazione che, per divina bontà ebbe la gioia di ricevere Larino, il 29 marzo del 1840, per l’imposizione delle mani di monsignor La Rocca, vescovo della diocesi. Frequentò corsi di approfondimento, tenuti dai Padri Gesuiti nel seminario di Benevento, per avere l’abilitazione alla predicazione e all’amministrazione dei sacramenti. Il ministro provinciale, padre Dalmazio da Morcone, gli conferì, all’età di 36 anni, l’incarico di Vice maestro dei novizi. Nel 1853, venne nominato maestro, ma dopo circa un anno, per la sua modestia e per il continuo tormento degli scrupoli, fu costretto a rinunziare a questo ufficio. Raggiunse allora il convento di Campobasso. Qui vive di preghiera. Nella chiesa della Madonna della Libera passava la maggior parte delle ore del giorno e della notte, effondendo il suo cuore slanci d’amore verso Gesù Eucarestia e la sua Madre celeste. Praticò l’ascetica ed ebbe esperienze mistiche, le quali non sfuggirono al popolo di Dio che, circondando di stima e di affetto il monaco santo, soffrirò moltissimo quando, nel 1865, lo vide allontanarsi per sempre alla volta del suo paese natìo.
A Sant’Elia a Pianisi padre Raffaele, rimase fino al 1886, dedicandosi al mistero del confessionale, alla direzione spirituale, alla vita di orazione, di penitenza di carità verso gli ammalati e i bisognosi. Ritornò a Morcone, dopo la riapertura del Noviziato avvenuta il 24 maggio del 1888, come vice maestro e padre spirituale dei giovani aspiranti al sacerdozio, rivelandosi a tutti un religioso straordinario nella sua “ordinarietà”, un “vero santo”. Prima di rendere l’anima a Dio, il 18 settembre del 1900 ebbe la gioia di ritornare il commento a Sant’Elia ho accolto trionfalmente dai suoi compaesani che gli strinsero intorno con affetto. morisse gennaio 1900 ebbe la gioia di ritornare a Sant’Elia a Pianisi. Fu accolto trionfalmente dai suoi compaesani, che gli si strinsero intorno con affetto. Morì il 6 gennaio 1901. Un suo confratello, il Padre Bernardino a San Giovanni Rotondo, che fece con il santo noviziato, subito dopo scrisse: “La vita di Padre Raffaele fu una storia di edificante pietà, di una umiltà la più profonda, di una semplicità la più ingenua e di un candore il più illibato e celestiale. Il suo tirocinio non fu luminoso per grandiose gesta, per onorifiche cariche, o meno per la profondità di sapere; fu grande nella piccolezza, fu glorioso nella sua umiltà, fu proficuo nel suo ritiro”. Si trattava di una testimonianza che, nella sua essenzialità, conteneva il preludio di una glorificazione che in molti fiduciosi hanno atteso.
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